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Ri-Presentazione dell'High Flyin di The Rob in Town

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2023 10:26
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31/05/2023 11:04
 
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HIGH FLYIN 84 - CULTURA POP

A cura di The Rob In Town 79

Sono un uomo abitudinario, credo di averlo già detto: stamattina sono andato a far colazione al solito bar, e mi sono messo come sempre a leggere il giornale. Mi piace essere informato su cosa accade nel mondo, mi piace conoscere tutto: dalla situazione politica alle nuove tendenze della società, dalle novità negli spettacoli alle pagine sportive passando per ogni genere di cronaca, tranne i processi-spettacolo, quelli non li sopporto. Sono un uomo del mio tempo e mi piace sapere cosa mi accade intorno. E la sera invece che vedermi un film in TV preferisco vedermi un Raw o un Impact, mi divertono di più. Però io in Raw o in Impact voglio vedere uno specchio della società, non mi basta vedere della banale lotta, voglio vedere ciò che io da sempre, anche su queste pagine, ho definito “una rappresentazione esagerata e volutamente fumettesca della società”. Beninteso, della società moderna. Del 2008.

CULTURA POP

“Il problema ai nostri tempi è che il futuro non è come è sempre stato”, Paul Valery.

Tempo fa gli staffer del sito mi fecero una sorta di intervista e tra le varie domande mi fu chiesto perché iniziai a vedere il wrestling. Bè, il catch giapponese lo guardavo perché era di moda tra i miei coetanei e perché mi piacevano Dynamite Kid e Tiger Mask, ma quando scoprii la WWF fui attirato dalle luci, dai colori sgargianti, dalle tematiche eroe-malvagio che da sempre affascinano i bambini, insomma, per dirla in due parole, mi attrasse il rock’n’wrestling.

Erano gli anni ’80, gli anni in cui in radio sentivi una giovane e molto meno sensuale di ora Kylie Minogue cantare Locomotion, gli anni in cui nei vestiti e negli studi televisivi c’era un uso esagerato delle tonalità pastello, gli anni in cui Reagan e la Thatcher avevano posto determinati modelli di vita a capisaldo della società moderna, gli anni in cui da piccolo venivi abituato tramite film, serie televisive e articoli di giornale a pensare in termini di eroi buoni e patriottici contro cattivoni internazionali. Gli anni in cui le serie televisive che spopolavano erano i vari Robinson, Jefferson e Bradford, con le loro famiglie perfette col capofamiglia ironico e i figli pasticcioni ma dal cuore d’oro. Poi accendevi la TV sul wrestling e trovavi Cyndi Lauper o Miss Elizabeth, i vestiti sgargianti di Macho Man e Hulk Hogan trionfare contro russi, iraniani e mercenari americani venduti all’Iraq. Un prodotto per le famiglie del tempo. Uno spaccato dei valori della società.

Poi arrivarono gli anni ’90 e la società cambiò. I toni divennero più scuri e con più sfumature, nacque il fenomeno grunge e gli eroi della società erano degli antieroi alla Kurt Cobain, l’eroe alla Sylvester Stallone prendeva il pubblico meno di un Brandon Lee, le ragazzine impazzivano per le boyband e la comicità in stile Bill Crosby veniva soppiantata dalla irriverenza dei Simpson, di Jerry Seinfeld e dei ragazzi di Friends. Non si giravano più film sull’impeccabile Superman ma tornava di moda nei cartoni animati Spiderman, il supereroe con super problemi. E allo stesso modo, dopo qualche anno di crisi, il wrestling ebbe una nuova esplosione quando mise sulla vetta del mondo l’antieroe per eccellenza Steve Austin, quando a rappresentare i sogni dei giovani furono messi il Corvo Sting e il simil-Vedder Raven, quando i 3Counts illuminarono le giornate delle ragazzine, quando il prodotto per famiglie degli anni ’80 fu soppiantato dalla comicità adulta ed irriverente della Degeneration-X e di The Rock. Come cambiava la società così cambiava il wrestling. Come ha detto Russo nell’intervista shoot che abbiamo pubblicato su questo sito due settimane fa, “Vince McMahon scelse me perché conoscevo la società”.

Ed ora siamo arrivati al 2000, al nostro amato primo decennio di questo primo millennio. E tante cose voglio dirvi della cultura pop che invade il nostro mondo. Innanzitutto voglio parlarvi della settorialità diffusa: una volta c’erano i Beatles e i Rolling Stones, e tutti amavano o gli uni o gli altri o alcuni addirittura entrambi. Oggi esistono cento tipi di musica diversi, e gli amanti dell’una raramente sopportano gli amanti dell’altra. Se una volta era apprezzata l’universalità, ora l’essere di nicchia è diventato un pregio, piace l’appartenenza ad un gruppo riconoscibile e ristretto. E così nel wrestling non si tifa più il face, ma si tifa l’high flyer piuttosto che il technician, il brawler piuttosto che il cruiser, il big man piuttosto che il comedy wrestler. Si tifa Tizio in quanto Tizio, non in quanto face o in quanto heel, e si tifa più facilmente un heel che un face perché più alternativo e più settoriale rispetto ad un face.

E’ poi il tempo di una società spaccata a metà: Al Gore e Bush arrivarono a giocarsi i destini di una nazione ed un mondo contando i voti di un piccolo quartiere della Florida, Obama e la Clinton si giocheranno una candidatura a cavallo vincente contando voto a voto e delegato a delegato, e per la metà esatta degli italiani Berlusconi è un eroe italiano e per l’altra metà è un delinquente. Così Cena spacca in due il tifo delle arene, Triple H per mezzo wrestling web è il re dei re e per l’altra metà è il genero del boss e la WWE per la metà del wrestling web è l’Eldorado e per l’altra metà una soap opera scadente. E’ infine la società delle infinite diversità in infinite combinazioni, modi di vita reietti in passato dalla società diventano gimmick di successo come la coppia di fatto Billy Gunn e Chuck Palombo o come la gimmick da Brokeback Mountain che volevano affibbiare a Trevor Murdoch.

E’ l’era di YouTube, in cui non serve più colpire un importante produttore di una multinazionale per avere successo ma basta avere un po’ di fantasia, tanto talento e un telefonino e una connessione Internet per finire su YouTube e diventare una star come ha fatto una Lily Allen qualunque. E così anche nel wrestling puoi diventare un idolo generazionale anche se non sei il campione del mondo WWE ma se meramente combatti in Chikara o fai apparizioni in federazioni che fanno trecento spettatori a serata. Una società che da’ visibilità a tutti, ad alcuni in modo preponderante e ad altri in modo sotterraneo. Una società che permette al fan di vedere il giorno dopo gli show svoltisi in qualsiasi arena gigante o palestra piccola che vi sia al mondo, e che permette al fan fortunato di imbattersi, nel myspace del suo eroe, col suo eroe stesso.

E’ poi l’era di telefilm quali Lost, Heroes, Ally McBeal, tutte serie televisive in cui l’importante non è il realismo né tantomeno la verosimiglianza, ma la cui cosa importante è la complessità della storia e in cui l’elemento irreale aggiunge in modo determinante quel fascino che trasforma oggi un prodotto buono in un prodotto di successo, scatenando la fantasia di chi lo fruisce, che vive già tanta realtà nella cronaca che permea le nostre vite tanto da non veder l’ora di evadere nell’irreale.

Ed è infine l’era postmoderna, ovvero citazionismo a go-go, in cui tutto, sia questo “tutto” abiti, colonne sonore, accessori, perfino acconciature o mobili, è studiato fin nei minimi dettagli per suggerire agli spettatori un ostato d’animo, un possibile sviluppo della trama o un riferimento ad un gruppo musicale, una rivista, un attore, un film, etc… Ah, a proposito: anche questa a modo suo è una frase post-moderna i questo senso, ma anche gli scribacchini come me hanno le loro manie…:D

E postmoderno è ora anche il wrestling, dove escono cloni di Macho Man e di Stone Cold Steve Austin per far rivivere nel fan vecchio le sensazioni che provava allora, e nel fan giovane l’identità dell’Antico Eroe. E in un wrestling in cui anche il meno smaliziato degli spettatori è consapevole della premeditazione e dei meccanismi di push, e in una televisione in cui sempre maggiore successo hanno programmi come le Mixed Martial Arts, non è affatto così assurdo pensare ad un wrestling o estremamente più “reale” (nelle storyline ad esempio, con il worked-shoot a farla da padrone) o, al contrario, sempre più irreale, sempre più telefilmesco e recitato.

Per scrivere di wrestling ci vuole una grande conoscenza della cultura popolare che ci circonda, occorre saper vivere il mondo nel quale ci muoviamo e occorre una gigantesca dote di curiosità. La cultura pop, pur essendo già materia di studio in tante università, non si può “raggranellare” in quattro e quattr’otto: ci vogliono anni trascorsi a leggere romanzi e fumetti, guardare la tv, ascoltare la radio, andare al cinema. “Sono un uomo, nulla di ciò che è umano mi è estraneo”, diceva Terenzio. E così il booker di uno show di wrestling deve pensare di avere davanti uno skater di periferia, una ragazza che ama Justin Timberlake e vuole diventare la nuova Beyonce, un ragazzo del Bronx cresciuto a palloni disegnati a spicchi d’arancia e nelle cuffie 50 Cent, o ad un intellettualoide che frequenta campus universitari e ha passioni di nicchia; il wrestling deve mostrare un mondo intero in cui possa esserci qualcuno che rappresenti ogni utente dello show.

Sembra facile, ma non è difficile.

Concludo, come sempre, ricordandovi che se avete la bontà di condividere qualcosa di divertente, interessante o anche solo di curioso da comunicarmi e/o avete una vostra idea sull’evoluzione della nostra società o altrimenti pensate che l’autore dell’editoriale non ne abbia colto spunti significativi, sarò più che lieto di dialogare con voi al mio indirizzo di posta elettronica, rob@wrestling4ever.it .

Stay Tuned. Rob.
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