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Ri-Presentazione dell'High Flyin di The Rob in Town

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2023 10:26
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26/05/2023 17:02
 
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HIGH FLYIN 83 - NEWYORKESI BRAVA GENTE

A cura di The Rob In Town 79

L’anno scorso verso giugno scrissi su queste pagine che molto probabilmente avevo già trovato chi avrei votato alla fine dell’anno come wrestler dell’anno e come feud dell’anno. Lo so, era abbastanza prematuro fare una previsione simile, però alla fine dell’anno poi ho votato proprio chi avevo dichiarato sei mesi prima, d’altronde Christian era stato un personaggio troppo azzeccato per non pensare che avrebbe mantenuto quel trend, e Abyss-Sting era stato un feud troppo bello ed appassionante per pensare che sarebbe stato superato in così poco tempo. Il perché di questa introduzione? Semplice, sarò matto ma anche se non siamo nemmeno arrivati a fine gennaio ho già dei serissimi candidati per almeno tre categorie: ritorno dell’anno, momento dell’anno e gimmick match dell’anno. Spesso la gente infatti si è chiesta se sia stata meglio la Rumble del 1992 o la Rumble del 2004; bè, ora non si potrà non inserire quella del 2008. A mio parere le batte addirittura entrambe, e scusate se è poco.

NEWYORKESI BRAVA GENTE

“Se tutto fosse illusione e nulla esistesse? Certo, in questo caso avrei pagato troppo per il mio tappeto”, Woody Allen.

Avevo fatto un’accurata spesa con le solite cose che si comprano prima di un evento sportivo da gustarsi in compagnia. La Rumble è sempre l’evento che attendo di più nell’anno di wrestling, forse ancora di più che a Wrestlemania o Bound for Glory. Quest’anno poi avevo un buon presagio, subodoravo sorprese, per quello nel La Sa Lunga avevo pronosticato Batista.

L’undercard un po’ mi ha deluso, i primi due incontri sono stati irritanti, poi però un bellissimo match tra Edge e Rey, ma non il classico che sarebbe stato anche solo due anni fa, e il match per il WWE Title infine era stato carino ma non il gran match che era legittimo attendersi. Ma ora era il turno del Royal Rumble Match, e l’attenzione cresceva. New York è una città speciale, in essa vi abita un pubblico diverso da quello quasi stereotipato che si trova in tutte le altre città d’America, siano esse metropoli o cittadine, sulla costa o nelle pianure sterminate. E che si sarebbe assistito a qualcosa di speciale ho cominciato a pensarlo quando ho visto una delle persone che ha segnato a modo suo la storia di questo business, Michael Buffer, ad annunciare il main event. E mai come in questo caso, “let’s get ready to rumble” era davvero la frase più azzeccata da dire.

“Chi entra con l’uno per te?” mi chiede il mio amico. “Taker”, rispondo. “Perché andrà contro Edge a Wrestlemania, e farlo entrare con l’uno sarebbe sia uno sgarbo subito dal management, sia un modo per non farlo vincere ma per fargli ugualmente fare una gran figura tale da renderlo un main eventer degno a Wrestlemania”. Preso. Buffer che annuncia Taker, che sensazione strana. Come sentire Corno annunciare trionfante l’ingresso di Kakà o Crudeli quello di Ibrahimovic. “Se mi indovini anche il due ti pago un pranzo giovedì”. “Allora dico Michaels: pensa che bello, cominciano i due che hanno finito in modo epico l’anno scorso. Un po’ come accadde nel 2005, con Benoit e Guerriero reduci dal trionfo a Wrestlemania a iniziare per primi”. Ok, pranzo vinto, essere smart a volte serve. Davvero un grande inizio. Azzeccatissime poi le entrate successive di Santino, Khalì e Holly. Con Santino si è toccato il punto più comico della rissa, solo vederlo sul ring con loro ci ha fatti cappottare dalle risate. Khalì era il primo ostacolo che avrebbe dovuto metterli in difficoltà, e Holly era il duro che non avrebbe dovuto farsi impressionare dai nomi altisonanti. Poi Morrison, gran Rumble la sua, è stato dentro mezz’ora impressionando moltissimo. L’anno scorso quando lo paragonavo al giovane Michaels mi ridevano in faccia, ora ci vanno tutti più cauti. Ma poi si è arrivati al sette.

Ci sono tre modi per fare ovazioni ad un wrestler. Uno è quello che si usa per omaggiare le Leggende, e se lo sono preso Taker e HBK. Uno è il modo in cui si omaggia quello che è l’ “uomo del momento” e se lo è preso Jeff Hardy. Uno è quello con cui si omaggia il top player, e se lo è preso Triple H, e in parte Cena. Ma a New York ne esiste un quarto ,e lo hanno usato con Dreamer. Dreamer era “uno di loro”. Tommy ha ricevuto un’ovazione paurosa per via del suo passato, per via di ciò che rappresenta, per via di ciò che è. Tommy Dreamer è stato visto come un newyorkese, pur non essendolo: è l’uomo che va al bar e si trova Jennifer Aniston come cameriera, che quando esce la sera nei locali vede Sarah Jessica Parker per mostre, che quando va dal vicesindaco a protestare trova a riceverlo Michael J. Fox, che quando va a vedere i Knicks si porta le arance per tirarle a Isaiah Thomas, e che domenica andrà in un bar a mangiare hot dog, bere birra e tifare Eli Manning.

Perso come ero in questi pensieri ho dato poca attenzione a Batista, entrato prima del previsto, a Hornswoggle, prevedibilmente nascostosi sotto al ring, e all’inutile Palombo. Ma poi è entrato Noble, che mai come domenica è stato tifatissimo in WWE, e mi sono rimesso a pensare. Il pubblico della Mecca non vedeva il Jamie Noble WWE, ma vedeva il James Gibson campione ROH, il Jamie Knoble degli Yung Dragons, il cruiser di successo e bravo come quelli che aveva applaudito l’ultima volta che Wrestlemania era passata da New York e che ora purtroppo non sono più tra noi. Lo stesso pubblico che fischiava Goldberg e Lesnar e che fischiava Shawn Michaels perché osava colpire il lottatore da troppi ritenuto anonimo e che in realtà divenne beniamino del Garden.

Ecco, dovessi trovare un piccolissimo difetto alla Rumble di domenica, direi la fase centrale. Troppa gente sul ring. Ad un certo punto entrava gente ma non usciva nessuno, quella è stata una fase di stanca che però è stata vivacizzata da due cose: l’ottima interazione di Undertaker e Shawn Michaels col resto del roster, e dall’atleticità delle giovani superstar (Morrison, Rhodes, per fare due nomi) anche se qualche atleta è stato gestito indubbiamente male (che senso ha far fare a Benjamin quell’incredibile salto per poi farlo eliminare tre nanosecondi dopo?).

Ma il ritmo è presto tornato alto, e, paradossalmente, questo è successo quando sono entrati quelli più immobili. “Ne hanno annunciati venticinque, vero? Se mi indovini anche i cinque il pranzo te lo offro per un mese”. “Chavo di sicuro, il campione ECW non può non partecipare al PPV, ma gli altri quattro non saprei proprio”. Tre minuti dopo aver detto questa frase entrano le prime due sorprese: Jimmy Snuka e Piper. I due più immobili, eppure l’arena è caduta al loro ingresso. Sì, avete indovinato, il pop di cui parlavo prima a proposito di Taker e HBK, il pop di “perché siete Leggenda”. Un Umaga ristretto ed invecchiato ed un uomo che farebbe apparire scheletrico persino JBL hanno dato il cambio di marcia alla Rumble, visto che il loro ingresso ha coinciso con la seconda parte, quella delle eliminazioni.

Eliminazioni arrivate col botto. Prima Undertaker eliminato dalla Sweet Chin Music, giusto contrappasso per il finale dell’anno scorso, e poi lo stesso Michaels, distrattosi, eliminato da Kennedy, che riequilibra così le sorti del feud. Due parole in più vanno spese per l’interazione tra Michaels e Taker: fantastica. Taker che “finta” la chokeslam su Kane e poi colpisce Michaels e che, eliminato dallo Spexzacuori finge di colpirlo fuori ring e poi invece sfoga la propria rabbia sul povero Snitsky sono scene da mettere immediatamente nella Antologia del Wrestling.

Due parole anche sull’ottimo lavoro fatto con Hornswoggle. Entra presto e fa quello che tutti si aspettavano: va a nascondersi sotto il ring (stupenda la scena degli arbitri che alzano i teloni per cercarlo). Dopo un buon quarto d’ora fa capolino per eliminare uno stupefatto Miz, possibile e per me probabile anticipazione di un cambio dei titoli di coppia a favore del duo irlandese, e poi viene tirato sul ring da chi rappresenta il suo opposto: Henry e Big Daddy V, i due giganti grossi e cattivi. E allora finally Finlay, il Lucky Irish, che col lucky number (davvero ben “giocato” il numero), il 27, anticipa l’ingresso fregandosene della vittoria giusto per salvare il suo protetto, che a questo punto è difficile non immaginare come figlio. E se fino a sabato davo Finlay contro Kennedy a Wrestlemania ora non mi sentirei di escludere un tag team match padre e figlio contro padre e figlio: McMahons contro Finlay e Hornswoggle.

Pensando a queste cose e condividendole con il mio amico (che mi ha detto sarà felice di vedere ancora con me la Rumble, ma io fossi in lui non lo farei, sono logorroico e dispersivo) siamo arrivati all’entrata di Triple H, colui che in quel momento era il Favorito dell’Arena, anche se con un pop buono ma non mostruoso e sicuramente inferiore e di molto a quello di un Jeff Hardy. Sembrava un finale di basso livello, due favoriti e poi il vuoto, wrestlers bravi ma improponibili per il successo, al che ho pensato “qua accade come nel 2000, gran Rumble ma brutto finale”.

Rimaneva però un numero. “Chi entra?” fa il mio amico. “Big Show”, dico io. “Se hanno tenuto la sorpresa per il 30 entra Big Show e magari arriva secondo come otto anni fa”. E invece una musica conosciuta si diffonde nell’arena. Guardo stupefatto lo schermo e poi il mio amico. “No dai, è uno che lo imita”. Hustle, Loyalty, Respect. “Non entra, è lì a ricordare la sua presenza, tornerà e sarà first contender, ma con quell’infortunio non potrà mai lottare ora”. La faccia di Triple H è valsa il PPV. Sembrava avesse visto un fantasma, come un assassino che un giorno per strada incontra colui che credeva di aver ucciso o come il favorito del torneo di basket del campetto di quartiere che all’improvviso si vede arrivare come ultimo partecipante alla contesa Lebron James. Me, you, it’s showtime. A pronunciare quelle parole non è stato Sting, ma Cena mentre guardava Triple H. Assurdo. Il Madison esplodeva dalla gioia per chi fino solo all’anno prima aveva disprezzato. Chavo, Henry, Carlito, tutti spazzati via dal ritorno più incredibile che io ricordi da molti anni a questa parte.

Inumano. Tre mesi per un infortunio come quello. Se già la Rumble era bella a quel momento è diventata epica. Come quando stai guardando la partita più importante della stagione e all’improvviso una modella in bikini si avvicina accanto a te e ti abbraccia sul divano per guardarla insieme. Da una parte sei contento e ti senti meglio, ma dall’altra pensi più alla ragazza in bikini che alla partita. Così il pubblico ha improvvisamente smesso di occuparsi della Rumble per occuparsi di Cena: dopo il boato di approvazione mista a sorpresa alla sua entrata, è partito un coro assordante di fischi quando è rimasto solo con Triple H, dopo l’eliminazione di Batista (a proposito, gran prestazione la sua).

Devastante. Adrenalina, emozioni, curiosità. Quanto tempo era che non provavo simili emozioni? A quel punto il finale non contava, perché nel wrestling la cosa che conta meno è chi vince, ciò che conta davvero sono le emozioni che provi. “Che ne pensi?” fa il mio amico. “Allucinante. Mi sa che penserò aggettivi tutta la notte e non riuscirò a trovare quello giusto”. Alla fine ha vinto Cena. Sale sul paletto e tutto il Madison lo applaude. Prima ovazione, poi boato di fischi e alla fine applausi di stima. Il tutto in poco meno di dieci minuti e davanti al pubblico più esigente del mondo “E’ per questo che è lui il top player, questo nel bene e nel male muove le folle come gli pare e piace”.

Piccola postilla: molti si saranno chiesti il perché dell’aforisma iniziale: come faccio a raccontarvi New York se non attraverso le parole di un suo illustrissimo cittadino? :D

Concludo, come sempre, ricordandovi che se avete la bontà di condividere qualcosa di divertente, interessante o anche solo di curioso da comunicarmi e/o volete darmi la vostra impressione positiva o negativa che sia sulla Rumble o su John Cena, sarò più che lieto di dialogare con voi al mio indirizzo di posta elettronica, rob@wrestling4ever.it .

Stay Tuned. Rob.
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