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Ri-Presentazione dell'High Flyin di The Rob in Town

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2023 10:26
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23/02/2023 07:19
 
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HIGH FLYIN 64 - RIFLESSIONI DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

A cura di The Rob In Town 79

E' da sei mesi che vorrei preparare un numero su Kevin Nash, ma l'attualità è stringente e c'è sempre qualche altro argomento più adatto al momento. Quest'estate l'argomento più caldo è la presunta crisi qualitativa dei programmi WWE e spesso ci si lancia in confronti con il recente passato. Infortuni, sospensioni, campioni non graditi, storylines non apprezzate. Tutto fa brodo, siamo tutti bookers in Italia, altro che Commissari Tecnici di calcio. E mentre è cambiato il poster di Summerslam, che ora pubblicizza l'atteso incontro tra King Booker e il Bookers' King (Zelig, prendimi!), ho approfittato del fitto scambio di e-mail che ho con voi durante la settimana e sono giunto a delle riflessioni, che, se ne avete pazienza e voglia, vorrei condividere unendole insieme in questo numero.

RIFLESSIONI DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

“Si danno i consigli, ma non si dà la saggezza di seguirli”, F. De la Rochefoucauld

Riunificare i roster. Questo il popolo di Internet, come una sorta di testa di ponte del pubblico della WWE, chiede a Vince McMahon da quasi quattro anni, da quando cioè la WWE venne divisa in due roster, nel frattempo addirittura diventati tre al giorno d'oggi. Ogni giorno leggo fans (siano essi la minoranza mark, la riserva indiana smart o la stragrande maggioranza indecisa) unirsi su un solo punto, la richiesta di un roster unico. Il domandone è: perché la WWE si divise in due tronconi? Come fu vissuta la cosa al tempo? Quali vantaggi e quali svantaggi ha portato la cosa? Cosa accadrà nell'immediato futuro? E, in questi anni, che risposte hanno avuto le domande che ci si poneva al tempo? Con calma, Harvey Keitel era Wolf e risolveva problemi, io sono Rob e, per l'appunto, rispondo a domande (Gino e Michele, dove siete?).

Eravamo reduci dall'anno più bizzarro nella storia del wrestling: ogniqualvolta riuscivo a guardare Raw mi divertivo un sacco, ogni singolo show portava sorprese, scompiglio e invogliava a vedere la puntata seguente, la storyline dell'Invasion aveva portato quella freschezza che in WWF mancava da qualche anno, ma tirando le somme restava una gran delusione. Mi avevano promesso per mesi Sting, e mi ritrovai un bollitissimo Hall, mi avevano illuso per una puntata con Bagwell e poco più tempo avevano resistito i vari Awesome, O'Haire, Kronik, e infine DDP era diventato una macchietta. Niente Steiner, niente Goldberg, niente Rey Mysterio. In pratica gli unici seri nuovi grandi arrivi furono Booker T e RVD.

La NWO fu il colpo di grazia: erano già fuori luogo nella WCW del 2000, figuriamoci nella WWF del 2002: giusto il tempo che il loro leader facesse un vero dream match a Wrestlemania 18 e la loro presenza si dimostrò già stantia, ed erano passati giusto due mesi.

Il perché di questa lunga e apparentemente inappropriata premessa? Un attimo, arrivo al punto. Uno degli aspetti più sottovalutati quando si parla di Monday Night War e del fallimento della WCW è l'enorme e smisurata quantità di lottatori che la federazione di Atlanta aveva sotto contratto. Mentre la WWF faticava enormemente per trovare 30 lottatori da inserire nella Royal Rumble, ad Atlanta riuscivano a inserirne 60! I motivi erano svariati: Nitro durava un'ora più di Raw e quindi servivano più wrestlers, c'erano diverse categorie (tag team, cruiser, cinture singole secondarie) tutte avvincenti e valorizzate, e, last but not least, c'era la volontà di impedire che certi lottatori potessero essere messi sotto contratto da Vinnie Mac. Classico esempio Bret Hart, pagato profumatamente per due anni senza idee su come utilizzarlo. Così ad Atlanta venne per la prima volta in mente l'idea di creare due roster. Uno sotto le effigi della NWO e l'altro composto dalle Nuove Sensazioni della Federazione. Così ci sarebbe stato posto per i Grandi Vecchi e per i Giovani Talenti. Ma la WCW fallì, e questo non accadde. Però i lottatori andarono sul mercato, e la WWF se li accaparrò.

E fu così che nacque l'idea dei due roster: tanta gente, uguale tanto spazio, pensarono a Stamford. Col doppio del talento si sarebbe potuto organizzare un doppio show. Sulla carta l'idea non era affatto male. I pubblico col 2001 aveva avuto il tempo di abituarsi a vedere due campioni del mondo, con la cintura WWF e quella WCW difese negli show WWF. A volte il main event era per il titolo WCW (Summerslam), a volte per il titolo WWF (Unforgiven, No Mercy). E quando un rientrante Flair il giorno dopo le Survivor Series annunciò di essere comproprietario della WWF, i rumors di una prossima divisione del roster parvero avere la sua giustificazione.

E il giorno dopo Wrestlemania 18 ci fu l'annuncio: mezzo roster a Raw, e mezzo roster a Smackdown, col campione assoluto a presenziare in entrambi gli shows. Tutto ciò fino a quando un uomo che aveva esordito proprio in quella storica del 18 marzo 2002 decise di firmare un contratto di esclusiva con un unico brand. La scelta di Brock Lesnar non fu casuale: una Nuova Era iniziava sotto l'Egida di un Uomo Nuovo. Ricordo come fosse ieri il suo esordio, col pubblico che intonò “Goldberg, Goldberg”, mentre io avevo capito “Borga, Borga”, stupendomi che anche il pubblico canadese avesse subito pensato a una somiglianza fisica e tecnica tra il giovane Lesnar e l'ex wrestler Ludvig Borga: avevo sbagliato io a sentire, nella mia mente rimane un episodio curioso, anche se mi rendo conto che possa sembrare stupido.

Ma torniamo a pesce all'argomento principale dell'editoriale, ho già divagato fin troppo.

Due roster non dovevano significare più ratings, non era questo l'obiettivo della WWE, visto che con i due show con roster unico c'erano sempre stati ottimi riscontri. L'obiettivo della WWE era diverso e duplice: da una parte, ottenuta la vittoria definitiva sul suolo americano e acquisita una posizione monopolistica o quasi sul mercato, era pronta a una nuova massiccia espansione sul mercato europeo (infatti quando tornò la WWE sui teleschermi italiani? Autunno 2002, oh yeah...), e con la divisione dei brand c'era l'occasione di poter organizzare tour o di modificare il prodotto di uno dei due show in modo da renderlo più appetibile per le televisioni europee e per testare possibilità di tournee in Europa senza il timore di perdite, compensate dalle entrate sicure degli show dell'altro brand. E questo ci porta al secondo punto, la possibilità di far esibire i propri dipendenti due volte a sera, un roster in una città e un roster in un'altra, con la logica ed ovvia conseguenza di un raddoppio dei guadagni. Sulla carta era una genialata, ma in realtà le cose non andarono come previsto. Intanto perché il parco-lottatori mostrò profonde crepe: Austin fu allontanato, Rocky se ne andò spontaneamente, Triple H iniziò il suo calvario fisico, quasi tutti gli ex WCW completarono la crisi di rigetto cominciata l'anno precedente, e soprattutto risultò chiara l'assenza di una reale strategia di booking tesa a valorizzare le due metà del roster intero.

Ora sul web leggo spesso gente affermare che il 2003 fosse l'Eldorado del wrestling, o perlomeno di Smackdown, leggo di main event brillanti, di una stratosferica cruiser division, di incontri di coppia emozionanti e di show geniali. Io credo che chi lo affermi lo dica solo perché sono state le prime cose che ha visto, e si sa, ciò che si cristallizza nel ricordo appare sempre più bello di ciò che è stato in realtà.

Io ricordo a Smackdown un solo vero main eventer, Lesnar. Quando si parla di main event grandioso in realtà la gente pensa soprattutto ad un solo match, l'Iron Man Match tra Angle e Lesnar. Ma in realtà gli uomini che contendevano il titolo a Lesnar, che già di suo era Lesnar, non il miglior The Rock o il miglior Bret Hart, erano un uomo tenuto insieme con lo scotch (Angle), un eterno jobber che due settimane dopo aver perso da Jeff Hardy veniva presentato come avversario imbattibile per il campione (Big Show), un rookie che dopo un inizio sfolgorante era precipitato in mesi e mesi di anonimato (Cena), un Hogan in pessime condizioni fisiche e coinvolto in un pessimo angle, il peggior Undertaker di sempre, un Benoit ancora personaggio in cerca di autore, e per finire Hardcore Holly presentato per un mese come uomo più forte e potente della WWE intera e proposto sfidante per il titolo in un big four. Oddio.

Le cinture minori, loro sì che venivano valorizzate: titolo degli Stati Uniti affidato a Eddie Guerrero (ottimo lottatore, ma amatissimo in Italia grazie anche e soprattutto al commento televisivo), che a febbraio 2004 sarebbe stato definito il “peggior campione WWE di sempre”, e Big Show, che in cinque mesi di regno difese il suo titolo con successo una volta sola, contro Billy Gunn.

La fantomatica straordinaria divisione cruiser: Rey Mysterio, all'unico vero anno passato interamente tra i cruiser, categoria per lui palesemente inadatta già al tempo, un lottatore nettamente oltre i limiti di peso della categoria (Matt Hardy), una gimmick macchietta (Noble), e onesti mestieranti tipo Tajiri, Moore e Funaki.

Nella divisione tag team c'erano un discreto tag team come i Guerreros, in cui però spiccava prepotentemente la figura di uno dei due, Eddie, e onesti tag team anonimi come il Team Angle e i Basham. E non parliamo di Raw, al cui confronto il noioso Raw di questi ultimi tempi sembra la WWF e la WCW di fine anni '90.

Perché vi parlo di questo? Semplice. Nel 2002 la WWE era tremendamente divertente nei suoi show settimanali: c'era una pessima gestione dei PPV, verissimo, ma il lunedì e il giovedì (nel mio caso spostati di qualche giorno in avanti) erano divertenti come non mai.

L'anno dopo con la divisione dei roster trovavo una puntata sì e l'altra anche nel main event di Raw e Smackdown dei non lottatori come Jim Ross, Heyman, Bischoff, Steph, Vince. La WWE giocoforza fu costretta a riproporre regni interminabili (Triple H, persino un mestierante quale Bradshaw, il Cena degli ultimi due anni) per supplire alla poca profondità dei due roster, con l'undercard dei PPV mono-brand che nel 90% delle volte non risultava neanche degna di essere un dark match di Velocity. In settimana abbiamo scoperto definitivamente perché Cena è il wrestler più considerato degli ultimi anni. E' professionale, persino durante il catering si rivedeva il match appena svolto in PPV per scoprire eventuali difetti, è bravo, ha fatto fare il migliore match in carriera a tutti i wrestlers con cui ha feudato nell'ultimo anno Michaels escluso, ed è conosciuto al grande pubblico.

Ma in un roster unito mai avrebbe superato Bret Hart per giorni di regno alla data di oggi. Già nel novembre 2003, quando scoppiò il feud Lesnar-Goldberg, la maggior parte delle persone si prefigurava per Wrestlemania 20 un main event tra il campione WWE Brock Lesnar (al momento senza avversari) e il World Heavyweight Champion Goldberg (che avrebbe dovuto vincere il feud con Kane, in modo da liberare il Grande Mostro Rosso per l'annunciato incontro col Fratello al suo Gran Ritorno). Tertium non datur, sarebbe tornato il roster unico. E si parla di più di tre anni fa.

Fallita la politica degli house shows, fallita l'espansione dei PPV, con le domeniche tornate ad essere show di tutti i brand per rimediare ad undercard pessime e la palese insufficienza di tre settimane per costruire feud interessanti e sensati, e ridimensionata l'espansione commerciale in Europa, testimoniata dal clamoroso flop delle tournee in Francia e Germania, e dal parziale insuccesso delle date italiane, non sembra impossibile un ritorno al passato. Tra l'altro ora non vi è più monopolio, la TNA cresce in visibilità, ascolti e soprattutto in qualità, ora come ora nettamente più alta rispetto alla rivale.

Ritorno al passato però fino ad un certo punto. Un lettore mi ha fatto notare come nel primo numero di quest'editoriale avessi pronosticato un radioso futuro per Lashley, Kennedy, Nitro e Carlito. Avevo dato loro tre anni di tempo. Al tempo mi fu rimproverato di essere esageratamente ottimista verso il futuro, e mi si disse che probabilmente nessuno di loro sarebbe mai arrivato ai massimi livelli. Escluso il portoricano, mi ritrovo con Lashley e Nitro che sono già stati campioni del mondo, e con Kennedy che è diventato il nuovo idolo delle folle. Ed è passato un anno solo, non tre. MVP, che ad ottobre veniva deriso (non certo dal sottoscritto, che già all'esordio lo aveva indicato a Futura Icona) e ora viene celebrato. E come direbbe il wrestler che ora va per la maggiore, e che fino a quattro anni veniva ingiustamente considerato uno scarsone che da lì a pochi giorni sarebbe finito ad Heat, “it's destiny”. Il vento sta cambiando, il processo sarà lento, ma mi sembra ineluttabile. Vedremo. Comunque vi anticipo come finirà: con la gente che chiamerà Cena, Orton e altri “Leggenda”, che rimpiangerà le “fantastiche” lotte del 2007 per i titoli minori, e che del presente vedrà solo i lati negativi (spesso palesi, come -non nascondiamocelo- in questo 2007) e non sarà in grado di valutarne nel modo corretto quegli ottimi. Solo chi vive il proprio tempo vive bene, e solo chi individua ciò che è buono nel proprio tempo vive cosciente.

Come a conclusione di ogni chiacchierata, vi ricordo che se avete a piacere di condividere qualche vostro pensiero con me, io ne sarò felice; il mio indirizzo di posta elettronica è sempre lo stesso, rob@wrestling4ever.it, scrivete numerosi. Chiacchierare di wrestling con voi è sempre per me divertente, istruttivo e piacevole. Prossima settimana l'argomento di cui si parlerà è già noto da chi mi fa il piacere di leggermi da tanto. Mancheranno due settimane a un big four...

Stay Tuned. Rob.
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