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Ri-Presentazione dell'High Flyin di The Rob in Town

Ultimo Aggiornamento: 21/12/2023 10:26
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11/05/2022 13:05
 
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HIGH FLYIN 55 - PAROLE, PAROLE, PAROLE

A cura di The Rob In Town 79

La possibilità di avere informazioni in un batter di ciglia ha contribuito in maniera significativa al progresso del genere umano, nulla arricchisce più della conoscenza (ho una mentalità illuministica, si vede?). Ma acquisire informazioni a volte fa montare la testa: ho visto una puntata di Quark e allora ne so più di Piero Angela? E a volte leggo che nessuno può saperne più di un altro su un dato argomento, non esistono “addetti ai lavori”, tutte le opinioni valgono uguale. Benissimo, allora sappiate che so di fisica nucleare quanto Rubbia. Le parole non hanno più significato, la “libertà d'opinione” ci permette di dare alle parole qualsiasi significato noi vogliamo. Per la riserva indiana che mi ha chiesto di parlare delle parole che più incuriosiscono il fan di wrestling, tenterò però lo stesso il diritto di dare un significato univoco alle stesse.

PAROLE, PAROLE, PAROLE

“Gli dei hanno dato agli uomini due orecchie ed una bocca per poter ascoltare il doppio e parlare la metà”, Talete.

“Ring psychology”, “storytelling”, “selling”. Quante volte avete letto questi termini applicati al wrestling? Tantissime, vero? Mi è stato chiesto via e-mail di tentare di dare un significato univoco a queste parole, che possa finalmente chiarire i concetti che hanno il fine di esplicare.

Cominciamo con un concetto base: Tizio ha l'obiettivo di colpire Caio. Questo è il fine di ogni sport di lotta. Però il wrestling si differenzia dagli altri, come sappiamo tutti, soprattutto per un motivo: è predeterminato (come il calcio italiano e il basket americano, ma questa è un'altra storia...).

Vi siete mai chiesti perché un giorno, per la precisione accadde negli anni '20, gli organizzatori di eventi sportivi decisero di rendere predeterminato il wrestling e di non lasciare invece il vincitore alla scelta del caso come accade in tutti gli altri sport di lotta? Semplice, per unire due passioni del pubblico: lo sport e lo spettacolo. Il rischio che il campione amato dal pubblico, o disprezzato dal pubblico (in entrambi i casi il pubblico paga per andarlo a vedere: nel primo caso per vederlo vincere, nel secondo per vederlo perdere), perdesse la cintura a causa di una serata storta era molto grande, e i promoters si resero conto che potevano creare rivalità attraverso sceneggiature. Ovvio, all'inizio queste non erano molto elaborate ma rendevano più accattivante il prodotto per il pubblico. Vi state chiedendo il perché di questa lunga premessa? Un attimo, c'è un tempo per ogni cosa.

Se il risultato dei match è già deciso, è ovvio che sia deciso anche il modo in cui esso debba maturare. E qui entra in gioco prima la psicologia e poi lo storytelling.

In un incontro reale un incontro potrebbe durare un solo minuto (un colpo casuale che mette KO l'avversario) o anche un'eternità (all'inizio del ventesimo secolo un incontro per il titolo del mondo durò più di 4 ore, fu dichiarato il pareggio perché i contendenti non si reggevano più in piedi).

Ma nel wrestling invece tutto ha, o almeno dovrebbe avere, una sua logica, che renda l'incontro ancora più reale che se fosse davvero reale.

Un esempio classico di “psicologia” in un match è vedere un wrestler che colpisce sistematicamente una parte del corpo dell'avversario per finirlo poi con la propria finisher, che è tesa a “dare il colpo di grazia” a quella parte del corpo. Questo avviene con le sottomissioni, come la Sharpshooter di Bret Hart o la Figura4 di Ric Flair, in modo che la sottomissione aumenti un dolore già precedentemente causato durante l'incontro. Ma avviene anche quando si ha una finisher d'impatto. Perchè Batista non usa la Batista Bomb per vincere dopo 5 secondi? O Undertaker non usa subito il Tombstone Piledriver? Perchè prima devono stancare ed indebolire l'avversario, e qui entra in gioco la psicologia. Riassumendo, la psicologia da ring è la strategia che un wrestler deve seguire per giungere alla vittoria.

Fermo restando che il modo di arrivare alla vittoria è diverso nelle varie federazioni. In WWE ad esempio tutto il match è incentrato sul momento in cui uno dei due lottatori riesce a connettere con la propria mossa finale. A questo punto possono accadere due cose: chi ha fatto la mossa vince, e di solito così accade, oppure l'avversario riesce ad uscirne con la sorpresa e la conseguente ovazione/disapprovazione della folla. In Giappone invece è normale assistere all'esecuzione della mossa finale più volte durante un match. Eseguire la propria mossa finale infatti assume più significati: dare il primo scossone al match o uno sforzo per colpire duramente l'avversario in modo da avere il tempo per recuperare da una situazione di difficoltà. Volendo ridurre il tutto in termini ludici, si potrebbe dire che mentre l'esecuzione della mossa finale in WWE è l'asso nella manica da usare al momento cruciale per concludere il match, in Giappone è invece ciò che fa diminuire ogni volta la “stamina” dell'avversario finché essa non arriva a zero.

A metà degli anni '90 fu poi inventata la Terry Funk psychology, che prese il nome da colui che la inventò. Ebbene, dovete sapere che prima Funk era un wrestler classicissimo, con nulla di diverso nello stile di lotta da un Hogan, un Flair o un Rhodes, per poi diventare invece “il re dell'hardcore”; e in questo secondo periodo minimizzò il senso della psicologia: capitava spesso che una sera Funk si rialzasse da più piledriver consecutivi, e la sera dopo fosse necessaria una sola sediata per schienarlo. Probabilmente era poco realistico, e soprattutto era inusuale, però il pubblico si divertiva lo stesso. Tale concezione è stata in parte ripresa quest'anno dalla WSX, nella quale venivano eseguite durante i brevissimi match una serie di finisher le quali fruttavano quasi sempre conteggi di due, mentre se effettuate in altre federazioni avrebbero steso l'avversario per un quarto d'ora. Psicologie diverse per pubblici diversi in cerca di emozioni diverse.

Leggermente diverso è lo storytelling, il raccontare una storia. Il fine è lo stesso della psicologia, cioè il “dare un senso all'incontro”. Qua entra in gioco soprattutto l'interazione col pubblico ed entra in gioco, per dirla in senso semplicistico, la domanda “ma perché questi due si menano?”.

Qua entra più in gioco la componente “teatrale” del wrestling. A volte basta una sola espressione per raccontare un'epica storia. Sting che tramuta dopo più di un anno il suo triste sguardo in un'espressione d'ira ha trasmesso più di una qualsiasi combinazione di mosse. L'anno scorso il lungo feud tra DX e Rated RKO iniziò con un lungo sguardo che Edge, all'interno della gabbia, lanciò a Triple H che, fuori dalla gabbia, aveva colpito Cade e Murdoch permettendo così a Cena di vincere un incontro con Edge. Oppure, lo sguardo più famoso nel wrestling: Hogan subisce, ma il pubblico tifandolo gli trasmette l'energia necessaria per recuperare le forze e a quel punto occhi spiritati, soffio in alto e “You!!!” con l'indice verso l'avversario di turno; e a quel punto il match era sostanzialmente finito.

Nel wrestling esistono i feud, in ogni federazione. E le storie che vi sono alle spalle spesso sono cinematografiche, in alcune federazioni di più, in alcune federazioni di meno. Lo storytelling consiste nel poter raccontare la sceneggiatura del feud attraverso mosse di wrestling e attraverso sguardi, motivo per cui per essere ottimi wrestlers sarebbe necessario teoricamente essere ottimi atleti ma anche buoni intrattenitori.

Facciamo esempi concreti: uno riguardante la WWE e uno riguardante la TNA. In TNA penso allo split degli America's Most Wanted: forse il miglior tag team degli ultimi anni, bravi sia da face che da heel, con la caratteristica gimmick alla Austin o alla APA, con le birre sottomano. Split gestito bene, con sei mesi di parto, e per evento decisivo un flag match, stipulazione in cui nessun americano nel wrestling aveva mai perso. E invece fu sconfitta, e a perdere fu addirittura un team con il nome “America”! E tutto a causa di un tradimento: Storm aveva tradito Harris, lo aveva colpito all'occhio con la bottiglia di birra. Di lì Harris cominciò a fare lo Sting, pur non comparendo negli shows bastava una sua apparizione per scatenare le ovazioni della Impact Zone, e intanto Storm continuava ad essere imbattuto da singolo. Nel primo incontro tra i due vinse Storm, sfruttando ancora i problemi all'occhio della Lince Harris, ma nell'ultimo incontro abbiamo visto cos'è lo storytelling. Innanzitutto Harris è entrato con la maglietta degli ormai ex America's Most Wanted per poi strapparsela e decretare così l'avvenuta morte sportiva del duo (l'ho detto, a volte basta anche solo un gesto, uno sguardo). E poi per vincere cosa ha fatto? Ha dovuto anticipare Storm che voleva colpirlo con una bottiglia per colpirlo lui invece con una bottiglia identica. Chi di bottiglia ferisce, di bottiglia perisce. Avesse chiuso con una Catatonic forse sarebbe stato più spettacolare, ma la bottigliata ha reso ancora più felice il pubblico, che ha così avuto la vendetta che voleva fosse concessa ad Harris nel modo in cui Harris era stato tradito.

In WWE penso invece al feud dell'anno scorso tra Trish Stratus e Mickie James: la bella Mickie era ossessionata da Trish, tanto da sacrificarsi per lei a Taboo Tuesday, da risultare ossessiva e psicopatica in gennaio e da dichiararle il suo saffico amore in febbraio. Respinta, fece ciò che tutti i maniaci compulsivi fanno: desiderare la vendetta. E la vendetta con cui poter colpire l'ex idolo come poteva darle completa soddisfazione, se non fosse avvenuta con la Stratusfaction, così da mostrare alla Stratus non solo di averla punita e di averla sconfitta ma anche di essersi sostituita a lei e con risultati migliori?

Con una mossa o uno sguardo o anche una sola parola, un wrestler deve spiegare al pubblico cosa ha appena visto: solo chi ci riesce è un bravo storyteller.

E non a torto si dice che per essere un bravo storyteller e per denotare di possedere la ring-psychology bisogna saper “vendere le mosse”. Cosa vuol dire? Un attimo, vediamo anche questo.

Di solito per “selling” si intende la abilità nel fare credere al pubblico che la mossa subita sia stata davvero effettivamente dolorosa e saper comportarsi sul ring come se la mossa subita abbia davvero danneggiato per la restante parte dell'incontro la parte del corpo in cui detto colpo è stato subìto. Pensate ad esempio a Chris Benoit: nel TLC 3 (quello vinto da Benoit e Jericho e del quale misteriosamente Edge si era “dimenticato” durante il feud con Cena l'anno scorso) esce per un infortunio che pareva davvero gravissimo per poi tornare malandato dal backstage, salire la scala e vincere la cintura. Tutto il pubblico ci era cascato, tutti avevano creduto a un reale infortunio! O nel primo Money in the Bank: Benoit viene colpito al braccio e allora per il resto dell'incontro lottò tenendosi il braccio, salendo la scala con un braccio solo, eseguendo le chop solo col braccio rimasto sano e rimanendo impossibilitato ad usare la crossface. Il tutto, mentre nel backstage persino dirigenti e bookers avevano creduto all'infortunio (lo stesso ha fatto Benoit nella Wrestlemania di quest'anno, in cui infatti ha chiuso col diving headbutt, ma stavolta i dirigenti lo sapevano...). Questo è “saper vendere le mosse”. Chi sta crescendo benissimo da questo punto di vista è CM Punk. Spesso si dice che CM Punk rappresenta un nuovo tipo di wrestling, io invece in lui vedo la continuazione dell'era gimmick (in senso positivo). In uno dei primi match in WWE, Punk fu più volte colpito da Credible sul braccio destro, ma vinse lo stesso: bè, alla fine l'arbitro tentò di sollevargli il braccio destro in segno di vittoria ma lui urlò dal dolore e alzò l'altro. E due settimane fa ha venduto un infortunio al braccio subìto la settimana prima. Come nell'era gimmick, il personaggio CM Punk vive solo durante le puntate, e l'inizio di una puntata è immediatamente succedaneo alla fine della precedente: l'evoluzione passa attraverso la storia, è un mondo davvero bizzarro.

Ma ciò che spesso si dimentica è che esistono anche particolari tipi di selling: Undertaker non subisce mai i colpi e se li subisce si rialza dopo tre secondi con un improvviso scatto in avanti della testa: fa parte del personaggio. Come fa parte del personaggio di Flair e di Michaels il subire eccessivamente i colpi, illudendo l'avversario e il pubblico a loro avverso, così come faceva parte del personaggio di Austin e Hogan il non subire i colpi dell'avversario grazie all'appoggio del pubblico il biondo, e alla propria sfrontatezza Stone Cold. Mentre Undertaker nel marzo del '98 riusciva a schienare Kane solo dopo tre letali tombstone piledriver (con Kane che si rialzò subito dopo il tre decisivo), tre mesi ad Austin bastò una sola stunner per mettere fuori uso Kane per un quarto d'ora. Faceva parte del personaggio di Austin, come ora fa parte del personaggio di Cena.

A proposito di Cena, mi sarebbe piaciuto spiegare anche il termine “controverso”, ma lo spazio a mia disposizione è terminato. Prometto, ci sarà tempo.

Per qualsiasi motivo (una chiacchierata, un chiarimento, una domanda, un commento, anche solo un saluto), vi ricordo che se volete potete inviarmi una e-mail al mio indirizzo di posta elettronica: rob@wrestling4ever.it

Ne approfitto per rinnovare tutte le mie più sentite scuse ad alcuni utenti, tutti quelli che mi avevano contattato nel periodo 1-10 maggio circa. Come ho spiegato loro in una e-mail inviata sabato sera, i problemi che avevo avuto al PC in quel periodo avevano fatto sì che io fossi convinto di aver loro risposto, ma in realtà controllando la posta in uscita non risultavano inviate le mie e-mail (rimaste solo bozze, purtroppo). Ragazzi, scrivete ancora, stavolta non dovrebbero esserci problemi e scusate ancora. Normalmente è mia cura rispondere a tutti.

Stay Tuned. Rob.
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