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Qualcuno l’ha definita un suicidio collettivo. Rende l’idea: la maratona femminile dei Mondiali di Doha, prima gara della rassegna con in palio medaglie, è stata brutale. Poco è servito decidere di farla partite alle 23.59 locali (le 22.59 italiane): le condizioni ambientali, più ancora di quanto non abbiano detto i 32,7 gradi con un’umidità del 73,3% registrata al via (dato dall’Emiro Amir Sheikh Tamim bin Hamad Al-Thani), sono state davvero estreme. Certe immagini non sono passate inosservate, con ragazze in serie costrette al ritiro e finite su sedie a rotelle (come l’azzurra Sara Dossena, fermatasi poco dopo il passaggio al 13° km), barelle e addirittura autoambulanze. Il percorso, sviluppatosi su un circuito di 7 km lungo la Corniche, il lungomare cittadino, perfettamente illuminato, per molte s’è trasformato in una sorta di via crucis.


Le tre etiopi – per dirne una – tra le favorite della vigilia, si sono tutte arrese prima del passaggio al 20° km. Non sono bastati i continui rifornimenti d’acqua – litri su litri – le doppie bottigliette, gli spugnaggi, gli impacchi di ghiaccio: il calore percepito è stato da record. Persino per lo sparuto pubblico non è stato facile rimanere ad assistere alla gara. Sportivamente drammatica la testimonianza della Dossena: "Fermarmi, per me, era una cosa inconcepibile – ha detto la 34enne bergamasca – soprattutto indossando la maglia azzurra a un Mondiale. Sarei arrivata anche camminando, con un tempo altissimo, ma non respiravo, il mio fisico è esploso e sono svenuta. Il dolore al piede? C’era, ma non è stato quello. Avrei voluto ripartite, ma a stento camminavo. Era diventata una situazione pericolosa. Mai provato condizioni così".