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HIGH FLYIN 36 - TRENTA UOMINI, UN OBIETTIVO

A cura di The Rob In Town 79

Avevo dodici anni, era domenica sera, aspettavo quel momento con ansia, da quando Jack Tunney aveva reso vacante il titolo e lo aveva messo in palio per la Rumble. Chi ha la mia età ricorderà la sigla del tempo, c'era la telecamera che “correva” su un deserto roccioso per poi arrivare là dove c'era Warrior: un fulmine colpiva Warrior disegnandogli il tatuaggio sui pettorali, poi dagli occhi del Guerriero uscivano due fasci di luce viola che illuminavano la cintura. Cominciò il collegamento e Peterson disse: “eccoci qua, ecco il momento amici”. L'emozione saliva: chi sarebbe stato il primo? British Bulldog! No, perché lui?, speravo arrivasse fino in fondo. Che serata stava cominciando…

TRENTA UOMINI, UN OBIETTIVO

“Gli eroi non hanno buon odore”, G. Flaubert.

All'inizio la Rumble nacque, come detto nel numero sulle Series, come risposta organizzata da Vince McMahon contro i primi tentativi WCW di metter su un PPV che potesse fare concorrenza alla WWE. L'idea era di creare uno spettacolo alternativo, slegato dalle storyline, che basasse il suo interesse sulla sua incertezza; all'inizio però, non capendo le potenzialità della stipulazione, la WWE puntò su midcarders, le prime due edizioni furono così vinte da Duggan e Big John Studd. Alla terza edizione, quella del 1990, doveva essere il turno di un altro midcarder che stava ben impressionando, Curt Hennig, ma all'ultimo Hogan pretese la vittoria.

E cominciò così il feud con Ultimate Warrior. Il primo vero Royal Rumble moment della storia è il primo incontro sul ring, da soli, da avversari (nel pieno rispetto del motto caratteristico della Rumble, “every man for himself”) tra i due top face dell'allora WWF. Uno sguardo a metà tra il dispiaciuto e l'orgoglioso tra i due, e poi si scatenò la lotta, e una doppia simultanea clothesline incrociata li fece cadere. La Rumble è terreno di incomprensioni: e proprio da un'incomprensione avvenuta pochi minuti dopo, con Hogan che tentando di eliminare Rude e Barbarian elimina involontariamente Warrior, nacque la faida tra i due culminata a WM6. O come accadde due anni dopo tra Hogan e Sid, alla fine della Rumble '92, nell'episodio che avrebbe dovuto sancire il turn heel di Hogan e che invece sancì il turn del giovane gigante biondo.

Ma quello che più attira della Rumble è l'opportunità di vedere tutti insieme i migliori lottatori della federazione, di vedere una pluralità di storie nello stesso incontro, di vedere quali wrestlers usciranno dopo un minuto e faranno la figura della macchietta, e quali wrestlers invece daranno il meglio di sé.

E, aspetto sottovalutatissimo, ogni Rumble racconta una sua personalissima storia, la storia del Suo Vincitore. Uno spettatore di Wrestlemania non si ricorda solo il main event ma anche altri incontri, e così accade in ogni show di wrestling. La Rumble no, è un evento assolutamente particolare; sebbene dal '91 in poi nel PPV sia in palio anche il titolo massimo, ogni edizione è strettissimamente legata al nome del vincitore del Royal Rumble match, il PPV si identifica in tale Eroe, nella sua storia.

Anche se ogni tanto questa storia si potrebbe anche cambiare. Per dire, l'anno scorso fu uno dei pochi casi in cui il copione della Rumble fu deciso all'ultimo. La Press Conference (a proposito, l'hanno abolita: mah, non mi pare una grande idea…) fece intuire che il copione era cambiato, che si sarebbe raccontata la storia dei “Sogni che diventano Realtà”, dell'Outsider, delll'Eroe che vince la Rumble in nome dell'amico scomparso. Ok, non sono certo né uno che si scandalizza per una simile storyline (l'ha accettata la famiglia, non devo accettarla io?) né per la vittoria di Rey (sarà anche basso, ma è uno dei migliori wrestlers WWE), ciò che ho capito meno sono stati i numeri assegnati e il modo in cui tale storia è stata raccontata sul ring.

La Rumble del 1992, quella di cui ho parlato nella premessa, raccontò la storia del Campione che grazie alla sua furbizia resiste e vince, pur partendo col numero 3; nel 1995 Shawn Michaels addirittura vinse col numero 1, per legittimarsi così nel main event, in un'era in cui i “piccoletti” come lui erano insoliti alle cime della federazione; e nel 2004 fu ripetuta l'impresa, con Benoit che vinse anch'egli con l'uno dimostrando così che grinta e tenacia rendono l'uomo un campione. Eroi si può anche diventare con sudore e applicazione, non solo nascere per fisico, quello è ciò che voleva essere spiegato dalla Rumble di quell'anno. Con la vittoria di Rey dell'anno scorso si è fatto un mix delle tre Rumble sopraddette. La domanda è: è stata credibile? Sì, lo è stata, sia in chiave mark che in chiave smart. Ma è stata utile e/o innovativa? Bè, probabilmente no.

Altre volte poi la Rumble è stata il territorio di caccia dell'Eroe senza Macchia e senza Paura. Caso limite, il 1999 in cui la Rumble si basava sul fatto che tutti i lottatori dovessero coalizzarsi contro il solo Austin, che peraltro non vinse ma fu eliminato per ultimo (da Vinnie Mac, in quella che fu a mio avviso l'unica vera vittoria scandalosa della storia); ma da ricordare sono anche il 1998 (Austin), il 2002 (in cui un appena rientrante Triple H vinse agevolmente), il 2003 (dove Lesnar non aveva avversari, troppo pronosticata e pronosticabile la sua vittoria) o anche il 2005, con la vittoria di Batista, Colui che stava passando alle Forze del Bene ribellandosi così al Capo dei Cattivi. E come le Series sono quasi sempre state (fino a due mesi fa avrei detto “sempre”) territorio degli heel, tradizionalmente la Rumble è terreno di caccia dell'Eroe. Solo in quattro occasioni, dal '90 in poi, hanno vinto gli heel: '92, '93, '95 e '99. Escludendo il '99, l'anno in cui, come detto, vinse McMahon, è da dodici anni che non vince un heel.

Ci sono poi wrestlers legati in modo indissolubile alla Rumble: ad esempio Austin, che l'ha vinta tre volte (benché quella del 1997 sia stata una grande pagliacciata, e chi l'ha vista sa cosa intendo) e ha il record di maggior numero di eliminazioni globali e di permanenza totale sul ring (quest'anno però Benoit e HBK, stando una mezz'oretta sul ring, lo supererebbero), o ad esempio Michaels, che creò la sua credibilità nel main eventing vincendo per due volte consecutive la Rissa Reale. E ci sono invece grandissimi wrestlers che la Rumble non la hanno mai vinta: Undertaker e Angle, per fare due nomi. O, in tempi più lontani, Ultimate Warrior e Macho Man.

Altri, pur non vincendo, hanno indissolubilmente legato il loro nome all'evento. Penso a Foley, che è stato protagonista di due celeberrimi episodi: i tre ingressi con tre gimmick diverse nell'edizione del '99 (e come Dude Love fu il terzultimo eliminato) e il clamoroso rientro, con tanto di boato del pubblico, nell'edizione del 2004. Oppure penso a Kane, che detiene ancora oggi il maggior numero di eliminazioni in un'unica edizione (11 eliminati nel 2001) e che è sempre stato protagonista di segmenti divertenti (il segmento con Honky Tonk Man per dirne uno, il segmento con Carey per dirne due).

Ogni anno poi attendiamo con ansia di vedere i consueti siparietti, sempre uguali nel tempo eppure sempre così emozionanti: le coalizioni contro il gigante di turno, che puntualmente riesce a liberarsi una prima volta, lo sfigato di turno che sul ring o non ci riesce ad entrare oppure dura qualche secondo o poco più, ogni tanto accade anche di vedere il wrestler rimasto da solo sul ring in attesa di vedere il nuovo avversario spuntare dal backstage.

E proprio quelli sono i momenti più belli: l'attesa del nuovo ingresso. Per un minuto e cinquanta il pubblico guarda al ring e incita il proprio beniamino, ma nei successivi dieci secondi tutti nell'arena si mettono a fare il countdown, e tutti a casa cercano di immaginarsi quale wrestler uscirà sul ring. Sarà un favorito? Sarà uno sconosciuto? Sarà un jobber? Sarà qualcuno che amiamo o che odiamo? E da quando la WWF/E ha avuto la geniale idea di far entrare i partecipanti alla Rumble con la propria musica d'entrata, il momento è diventato ancora più emozionante. Si parlava dell'ingresso di Foley alla Rumble del 2004: bastò il rumore di frenata per gasare in modo straordinario il pubblico e terrorizzare un incredulo Orton. O quando alla Rumble del '98 all'entrata del numero 24 si sentirono rompersi i vetri: tutti i wrestlers smisero di combattere e guardarono al titan tron, e Austin tra il tripudio della folla entrò sul ring dall'altra parte. Senza musica non si sarebbe potuto creare lo stesso epico momento. Banale ma vero.

Quest'anno non ci sono ancora stati incontri di qualificazione e questo è un errore, bene o male creavano hype, non siamo ancora entrati in pieno “clima incontro”.

Di sicuro ci sarà una novità, la presenza dei wrestlers ECW. Da quel che ho capito avranno dieci posti, esattamente come gli altri due roster. Bè, per me è un errore, in ECW non ci sono dieci wrestlers degni di stare in un tale evento, soprattutto alla luce del fatto che tre di loro dovrebbero essere impegnati in un altro incontro del PPV. Forse sarebbe stato preferibile un 12+12+6; la ECW ha la metà del tempo rispetto agli altri show, avrebbe potuto benissimo avere la metà dei wrestlers coinvolti. Easy and simple.

E come ogni anno abbiamo diversi favoriti: c'è Undertaker, il Leggendario Eroe a cui manca solo questa importante vittoria, c'è Orton, l'Uomo del Destino che deve compiersi, c'è Michaels, l'Eroe di Casa che deve vincere per sé stesso e per l'amico infortunato, mentre credo pochissimo ad eventuali outsiders alla Edge o alla, che qualcuno ce ne scampi, Khalì.

Personalmente, come avevo detto già settimana scorsa, credo che in quest'edizione di Wrestlemania si materializzerà il Feud del Futuro, e pertanto credo che il Destino guiderà il vincente della rissa. Che dire, speriamo che tale eventuale vittoria possa essere meritata a posteriori, è giunta l'ora che i giovani si prendano sulle loro spalle la responsabilità dello show e le sorti della federazione intera. Ragazzi, ragazze, non so voi ma io non vedo l'ora: in poco più di un'ora vedremo il gotha della federazione, vedremo momentanei scontri inediti, vedremo proseguire i feud più interessanti del momento; rideremo, ci dispereremo all'eliminazione del nostro idolo, scandiremo ventotto countdown.

Vedremo quali wrestlers avranno l'onore e l'onere di iniziare il match (sensazione mia, quest'anno con i primi due numeri non si andrà lontano) e vedremo quale wrestler scolpirà il suo nome nella leggenda. Non so voi, ma io non vedo l'ora, l'attesa sale veloce. E speriamo che tra dodici giorni sia davvero una domenica epica.

E, per finire, ringraziamo tutti Sky: proprio per l'occasione, finalmente torneremo a vivere in diretta, come accadeva anni fa, l'evento, e per chi non potrà stare sveglio, avremo diverse repliche, tra cui il lunedì in prima serata. Chi è che diceva che il wrestling nelle TV italiane sarebbe svanito? Corvacci del malaugurio, siete stati sconfitti…

Stay Tuned. Rob.