Osteria Tre Gobbi, Bergamo
Primo degustazione in questa rinnovata osteria del centro di Bergamo. Siamo in un’istituzione della città, aperta nel 1865 è frequentata, tra gli altri, da Donizetti. Ha partecipato anche a Quattro ristoranti, ma da allora ha cambiato gestione e filosofia. Lo chef molto talentuoso si è lasciato alle spalle la tradizione bergamasca ed ha aperto alla cucina gourmet, con influenze del territorio, ma anche siciliane e asiatiche.
Il percorso è molto interessante e la libertà totale data al cliente è lodevole.
Si parte con un tris di assaggi a raccontare la cucina: le influenze siciliane dello chef passano dal pane cunzato (mollica di pane inzuppata in acqua di pomodoro, pomodorino, acciuga, olio al basilico e parmigiano), la filosofia no-waste viene trasmessa dalla carota (carota fondente, pelle della carota soffiata e fritta su una crema di carota e limone), mentre la storicità del luogo emerge dalla fetta di salame di maiale e manzo.
Poi le portate vere e proprie, accompagnate dal pane di tumminia (strepitoso) e grissini burro e salvia. Il piatto più azzardato è il primo antipasto: fungo, muffa e lievito. Crema di funghi e lievito, con succosi cardoncelli grigliati e zuppa ricavata dalla muffa a dare una spinta acetica molto interessante. Piatto di contrasti, particolari, ma piacevoli nel complesso.
Il secondo antipasto è il piatto forse più debole, anche se comunque buono. Palamita scottata, con caponata liquida, semi di basilico e cioccolato modicano. È mancata un po’ la parte vegetale, mentre l’accoppiamento pesce/cioccolato porta sapori sorprendenti.
Il primo primo è uno spaghettone con burro, alici, finocchietto e lisca fritta. Un piatto dallo stampo classico, ma eseguito alla perfezione, cotto giusto, cremoso, saporito, goloso. Un grande piatto.
Si passa ad una rivisitazione dei plin classici a base di capretto. Pasta fatta in casa, con ripieno di capretto, fondo di capretto, fresco di capra liquido e piantaggine. Un’esplosione di sapori in bocca, un gusto rotondo, animale, delizioso.
Con i secondi, però, il livello si alza ulteriormente, a partire dall’ombrina (pescato del giorno) con bouquet di erbe aromatiche e “brodo di tutto”, un brodo no-waste ricavato dagli scarti di pesce, verdure e erbe aromatiche. Pesce succoso e cotto alla perfezione, brodo profondo e saporito, erbe aromatiche varie che sprigionano sapori potenti è sempre diversi ad ogni boccone. Se avessi trovato un piatto del genere ad uno stellato, non mi sarei stupito.
La parte salata si chiude con il piatto della serata. Anatra, nespole alla cacciatora e cerfoglio. Carne succulenta, cotta alla perfezione: morbidissima al centro e con la pelle croccante. Albicocche saporite, che accompagnano alla perfezione la star del piatto e l’aggiunta del cerfoglio dona una nota dolce interessante.
Simpatico il predessert offerto dai sapori tropicali: zuppetta di cocco, granita al lime e sfere di frutto della passione.
Anche il dolce è una bella chicca, uno dei pezzi forti dello chef: Achrome. Piatto completamente bianco in onore di Piero Manzoni. Base al cremoso di cioccolato bianco, cuore di mozzarella di bufala, finocchio e meringa all’italiana. Un fine pasto superbo, con note dolci e salate in perfetto equilibrio.
La location storica è impreziosita da un grazioso dehor per la stagione estiva, il servizio ha qualche intoppo, ma nel complesso è di un livello adeguato. Conto assolutamente perfetto (80€ in tutto)