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Giampiero Mughini per Dagospia



Caro Dago, se fosse per me inviterei a casa mia e alla presenza di un vino 98 punti Maroni i due contendenti televisivi in favore di camera, ossia il fascista “Brasile” e il mio amico Vauro. Ancora una volta la televisione costringe chi sta in un set a dare il peggio di sé, una finta rissa.



Laddove invece ci si può confrontare, si può discutere, si possono analizzare le ragioni dell’avversario anziché bestemmiarle sin dall’inizio come tutte assurde e sbagliate. Soprattutto ci si può allontanare le mille miglia dal tentativo psicotico di bissare la guerra civile del 1943-1945.



Appartengo a una generazione cui quel tentativo riuscì in pieno. Ne morirono a decine da una parte e dall’altra. Qualcuno della mia parte - e io li consideravo degli imbecilli - ritmavano che “uccidere un fascista non è reato”. Il mio amico Giusva Fioravanti mi ha raccontato che a quel punto lui e i suoi sodali pensarono “Dato che per voi uccidere un fascista non è un reato, provate a uccidere noi”. Innanzi a una sezione romana del Msi furono uccisi tre “camerati” il più vecchio dei quali aveva 20 anni, due da terroristi rossi arrivati in motocicletta muniti di una mitraglietta Skorpion, un terzo dalla polizia che aveva sparato ad alzo zero e che morì nelle braccia di Francesca Mambro. Giusva e i suoi si attrezzarono alla bisogna, arrivò loro la notizia che i terroristi provenivano da un centro sociale romano al Tuscolano.





Ci andarono in otto, l’intero gruppo dei Nar. Trovarono i locali sprangati. Si misero a girare tutt’attorno e finché videro un gruppo di ragazzi che avevano l’aria di essere dei “compagni”. Uno di loro si mise a correre a zig-zag. Giusva gli sparò e lo ferì a una spalla, poi lo raggiunse e gli tirò il colpo di grazia. Si chiamava Roberto Scialabba. Una storia atroce tra le tantissime. C’è qualcuno che vuole rinnovare quelle gesta, da una parte e dall’altra? Io spero di no.





A proposito del sindaco di Predappio che non vuole autorizzare una spesa comunale a sostegno di studenti che vadano a visitare Auschwitz-Birkenau e questo con la scusa che gli studenti devono andare a visitare anche le foibe dove i partigiani titini scaraventarono vivi italiani e italiane, Mattia Feltri ha scritto che sarebbe una ben misera cosa apprestare un gara a chi sia stato più ”vittima” tra Primo Levi e Solzgenitsin e non si poteva dir meglio. Auschwitz è una cosa - terribile, spaventosa, forse la più atroce dell’intero Novecento - e le foibe un’altra, un crimine su cui il senso comune italiano ha taciuto per quarant’anni e questo in ragione della dominanza culturale dell’italocomunismo.




Al sindaco di Predappio vorrei dire che io ci sono stato nel suo paese e che sono andato giù e ho sostato innanzi alla tomba del Duce, stazione drammaticissima della via crucis italiana del Novecento. In tutta naturalezza porto rispetto alle vittime del fascismo. Trovo ributtante che un paio d’anni fa l’Anpi savonese si sia opposto a che venisse messa una targa a rammemorare il martirio subito da una ragazzina tredicenne, Giuseppina Ghersi, pestata, violentata e uccisa dai partigiani, e che è sepolta da 72 anni nel cimitero di Zinola. “Era una fascista” dicono quelli dell’Anpi. Vergognatevi, era una ragazzina di 13 anni che s’è trovata nel bel mezzo della tragedia per antonomasia della recente storia italiana.




E sono arrivato al dunque. Studiare di più, capire di più, non dividere gli eventi storici in un bianco e un nero, da una parte quelli che avevano sempre ragione e dall’altra quelli che avevano sempre torto. Leggere tutti i libri - a cominciare da quelli di Giorgio Pisanò e Giampaolo Pansa - leggere tutte le testimonianze. Imparare a “vivere” con il diverso da te. Ragionare. Stringersi la mano dopo lo scambio di opinioni pur profondamente diverse. E’ talmente difficile?