00 23/10/2019 13:15
Giampiero Mughini per Dagospia




Caro Dago, leggo le motivazioni con cui un giudice ha reputato irricevibile la querela dei coniugi Ferragni/Fedez contro l’autrice di un tweet particolarmente offensivo nei loro confronti. Il giudice ha reputato che i tweet siano di per sé robaccia priva di qualsiasi autorità e quindi non tali da poter ledere l’onorabilità altrui. Robaccia e basta, monnezza e basta, espressioni psicopatologiche di gente frustrata che non ha altro modo per sfogare la sua rabbia del vivere. Sacrosanto, non si poteva dire meglio.



Solo che a questo punto ne viene cambiata l’intera architettura della comunicazione odierna, dove i tweet hanno un posto centrale, addirittura soverchiante. Gli stessi giornali di carta - e a costo di fare del male a se stessi - ospitano ogni volta con gran rilievo il tweet dell’uno o dell’altro imbecille (anche altolocato) che se la prende volgarmente con tizio o con caio, e giù dissertazioni e analisi del costume e quant’altro.




No, è pura monnezza e in una rubrica con questo titolo i giornali se ne dovrebbero occupate. Monnezza, su due colonne. E’ il linguaggio da cui sono tossicodipendenti i seminanalfabeti che non hanno altro modo per costruire una frase con soggetto, predicato, complemento. O di cui sono tossicodipendenti i personaggi anche celebri e di prima linea che pensano sia comunque il modo di far parlare di sé e di offendere un rivale o un concorrente.





Monnezza, feccia e nient’altro che feccia. Tu stesso, caro Dago, hai ospitato recentemente sulle tue pagine un paio di tweet che commentavano un mio precedente articolo sul duello Renzi/Salvini da Bruno Vespa, uno dei quali attribuiva il mio scritto alla vecchiaia che ottunde il mio comprendonio, l’altro a un mio disperato tentativo di “ottenere” una qualche prebenda non so esattamente quale e non so esattamente da chi. Erano opinioni libere di cui tener conto, da offrire al pubblico? Io penso di no, penso che fossero monnezza da scaraventare nel cestino alla voce “indifferenziata”. O meglio ancora. La prossima volta, caro Dago, prova a mettermelo di fronte uno di questi twittaroli così esuberanti. Con i mezzi dell’odierna tecnologia non è difficile. Io e lui di fronte, forte ciascuno della sua parola e della sua grammatica intellettuale. Gli pago anche il cachet per la sua prestazione a uno così. 7 euro e 50, quello che la mia colf guadagna in un'ora. Per uno così non è poco, anzi è un vero e proprio reddito di cittadinanza.

Ps. Una volta che ero ospite di Peppino Cruciani alla “Zanzara” e lui mi riferì di un tweet pesantemente offensivo nei miei confronti che gli era appena arrivato, io subito gli chiesi di mettermelo di fronte (via telefono) l’autore di quel tweet. Peppino aveva il numero di telefono dello scrivente e si mise a telefonare. A lungo. Invano. La feccia se l’era fatta sotto.



Giampiero Mughini