rimatt1, 4/18/2024 9:53 PM:
Quant'è indispensabile, narrativamente parlando?
Dunque, direi che dipende da una pre-condizione, cioè dal grado di lovecraftosità/lovecraftianità del lettore.
Per chi come me è patito di HPL, il Re è assolutamente indispensabile: assieme a Dunsany, Machen e Hodgson, R.W.Chambers è uno degli autori attivi tra fine 800 e primissimo 900 che più influenzarono il solitario di Providence, introducendolo agli
pseudobiblia: senza Re in Giallo molto probabilmente non avremmo avuto il Necronomicon...
Tolta questa pre-condizione, il libro è una raccolta di racconti davvero particolare e spiazzante: quelli che appartengono al "ciclo del Re" sono infatti solo i primi quattro. Sono racconti fantastici molto belli, uno strano mix tra ossessioni soprannaturali calate in contesto urbano e una protofantascienza distopica, con idee anche importanti e anticipatorie quasi bruciate in poche righe di splendida scrittura, che lasciano con la voglia di averne ancora...
Con somma sopresa, ho scoperto che stilisticamente Chambers potrebbe fare domanda -con buone probabilità di ammissione- all'esclusivo club del Decadentismo: è infatti un lontano cugino americano di Joris Karl Huysmans, di Oscar Wilde, di D'Annunzio e dei loro sparsi e a volte millenari predecessori come Petronius Arbiter.
Se il Re forse non raggiunge la sdegnata profondità filosofica di
À rebours, né Chambers ebbe mai l'ambizione di fare della propria vita un'opera d'arte (ma in compenso fu artista multiforme, anche pittore), nondimeno la prosa sopraffina, la scelta dei protagonisti (spesso giovani artisti tormentati: ricchi, bohemien, o entrambe le cose), il ricorso a immagini che sembrano quadri pre-raffaelliti, e il fatto che le trame ruotino attorno a un misterioso e malevolo testo teatrale, cioè un'opera d'arte, tutto questo spalanca a Chambers le porte del suddetto esclusivo club.
D'altronde, il periodo è proprio quello giusto: il libro esce infatti nel 1895, cinque anni dopo
Dorian Gray, e poco più di un decennio lo distanzia da
À rebours. Inoltre si sa che Chambers frequentò l'accademia d'arte a Parigi, sempre in quegli anni a cavallo fra 80 e 90: impossibile che non fosse immerso nel clima culturale ed estetico dell'Europa di fine secolo.
E il resto della raccolta? Dopo un'ultima incursione soprannaturale nella brughiera scozzese e una più breve nell'allegoria simbolista, gli altri racconti sono ambientati proprio a Parigi e virano decisamente verso il realismo: sono tutte vicende molto romantiche, una su sfondo bellico che non sarebbe spiaciuto a Émile Zola (le cannonate dei prussiani nel 1870), una più malinconica, le ultime due invece con tratti anche da commedia brillante - storie di giovani americani di buona famiglia che apprendono la pittura nella Ville Lumière e si innamorano perdutamente di fanciulle di vita parigine, tra serate al bistrot e vagabondaggi nel quartiere latino. Non sono racconti importanti come i primi ma lo stile si mantiene sempre vivido, corrusco e cromatico, elaborato eppure scorrevolissimo.
Una raccolta decisamente divisa in due, dunque: si può cercare a lungo ma, salvo qualche vago accenno al colore giallo, un nome proprio ricorrente (ma i personaggi sono diversi) e un luogo già menzionato nella prima parte, nella seconda parte non vi sono veri riferimenti al ciclo del Re. L'unico filo conduttore di tutta la raccolta, se vogliamo, è l'arte.
Sash
PS. per ora non mi sbilancio sulla traduzione perché l'ho letto in un'edizione diversa (Hypnos); questa vedo che è firmata dallo stesso service (studio Aster) dell'edizione Vallardi, il che costituisce per me l'unico elemento di perplessità in un'edizione per il resto davvero molo bella, comprensiva del breve racconto di Bierce (
Un Cittadino di Carcosa) che a sua volta ispirò Chambers e dell'introduzione di S.T. Joshi che è uno dei massimi studiosi del fantastico.
[Modificato da Sashimi 20/04/2024 15:11]